Nei nostri “Racconti di…vino”, non potevamo certamente non dedicare uno spazio particolare a un’opera d’arte prestigiosa e di straordinaria bellezza, conservata all’interno del Museo Nazionale del Bargello (vedi info orari fondo pagina), in via Del Proconsolo 4 a Firenze: la scultura marmorea de il “Bacco”. E lo facciamo, e perché siamo in periodo di vendemmia, ma soprattutto perché in occasione di una data altrettanto prestigiosa; proprio quest’anno ricorrono infatti i 450 anni dalla morte del suo autore, nonché il maggior esponente della produzione artistica del Rinascimento: Michelangelo Buonarroti.
Fin dal Medio Evo l’uva rappresentava allegoria di benessere, prosperità e abbondanza. Non a caso nella notte di San Silvestro un grappolo di uva non manca mai sulle tavole del nostro bel Paese come segno ben augurale dell’anno che sta iniziando.
Anticamente, e precisamente nel culto di Dioniso, l’uva era anche simbolo di fertilità. Infatti Dioniso, nato dalla relazione adulterina di Zeus con Semele, inizialmente non fu identificato come Dio del Vino, ma rappresentava una divinità legata alla linfa vitale che scorre nelle piante e alla linfa che producono i frutti carnosi. Erano a lui cari i frutti ricchi di succo, proprio come l’uva e il melograno. Soltanto in un secondo momento venne riconosciuto come divinità legata alla liberazione dei sensi, all’istintività, alla natura primordiale dell’uomo; insomma a tutte quelle sensazioni che il vino può suscitare. Si dice che Dioniso abbia creato il vino strizzando nelle mani un grappolo di uva matura e raccogliendone il succo in una coppa dorata. Dato il suo carattere energico e chiassoso, veniva chiamato Bacco, che in greco significa “clamore – baccano”, nome adottato dalla cultura romana proprio per identificare Dioniso.
Il “Nettare Divino” divenne così protagonista di lunghe serate e feste, dove tutti potevano godere dei sui “poteri”: faceva infatti dimenticare velocemente stanchezza e pene. Ebrezza e delirio divennero una regola, parte integrante del culto di Dioniso; così tanto che furono calendarizzate. Due volte all’anno si celebravano le cosiddette “Feste Dionisiache”: una in autunno e una in primavera. Durante i festeggiamenti i partecipanti si allietavano con odi e canzoni, i Ditirambo, dai quali si narra prese origine il Dramma.
Una delle più belle rappresentazioni è sicuramente il BACCO di Michelangelo Buonarroti, commissionato all’artista, nel 1496, dal Cardinale Raffaele Riario. Michelangelo, pittore, scultore, architetto e poeta, nato a Caprese (AR) (Caprese 6-03-1475 – Roma 18-02-1564), fu un artista tanto geniale quanto irrequieto. Il suo nome è legato ad opere d’arte che si considerano insuperabili.
Tredicenne, a Firenze, venne preso come garzone nella bottega dal Ghirlandaio. Data la sua vocazione per la scultura non vi rimase a lungo, ma si mise a studiare con un seguace di Donatello, il Bertoldo.
Le sua grandi doti erano già così precocemente evidenti che venne notato da Lorenzo il Magnifico, che lo prese sotto la sua protezione e lo introdusse nella sua cerchia neo-platonica di filosofi e letterati.
Malgrado gli studi con grandi maestri, Michelangelo è un autodidatta. Concepisce l’arte come ispirazione interiore, furor dell’anima; la sorgente d’ispirazione non è la natura ma la spiritualità umana, la lotta per la salvezza. L’arte è un’esperienza che deve essere personalmente e tormentosamente vissuta. Attraverso il proprio lavoro, riscatta il blocco dalla sua inerzia di materia, e così facendo compie un’esperienza ascetica.
Appena ventenne, si ispira per la sua produzione alla scultura ellenistica, stile che aveva potuto ammirare girovagando per la Città Eterna.
La divinità di Bacco, prima sua opera a soggetto pagano, viene rappresentata come un giovane dalla ambigua sessualità, che ebbro di vino barcolla tenendo nella mano destra una coppa e nella sinistra un grappolo di uva.
Il realismo con cui è raffigurato è stato motivo di lode da parte di molti artisti dell’epoca. Una scultura a tutto tondoche evoca sensazioni di equilibrio e dinamismo. La figura è leggermente spostata rispetto all’asse: e per evocare un equilibrio malfermo dovuto all’ebbrezza ma soprattutto per rompere la bilanciata ponderatio classica. L’opera rivela, nonostante la giovanissima età, la grande competenza di Michelangelo in materia di anatomia umana e dei mezzi tecnici per la realizzazione. Inoltre, non essendosi ispirato a nessun modello, si evince una grande capacità inventiva. Il BACCO non è l’unico soggetto della statua: dietro di lui l’artista ha voluto infatti rappresentare un piccolo satiro che approfitta dello “status” mentale della divinità, per rubare alcuni acini di uva. La presenza del satiro invita lo spettatore a girare intorno alla statua e a non avere solo una visione frontale, oltre a dare plasticità e movimento al complesso marmoreo.
Nella statua coesistono due significati allegorici importanti: La Vita e La Morte. La vita rappresentata dal grappolo di Uva; la morte identificata nella pelle di Tigre o di Leopardo che la divinità sostiene nella mano sinistra, a simboleggiare la liberazione dell’anima dalla umana condizione terrena.
CURIOSITA’
La statua non fu mai acquistata dal suo commissionario, ma venne prima comprata da Jacopo Galli e poi da Francesco I de’ Medici nel 1571 che la posizionò presso la Galleria degli Uffizi. Nel 1865, con il riordino delle collezioni della Famiglia Medici, fu portata al Bargello dove tutt’oggi è conservata.
Altro aneddoto divertente, che in qualche modo possiamo ricollegare allo spirito smanioso e impulsivo che contraddistingue Michelangelo Buonarroti, riguarda il “volto nascosto” che si può osservare sulla facciata di Palazzo Vecchio.
Le versioni dell’aneddoto sono due. La prima narra che durante una delle sua solite passeggiate per Via della Ninna a Firenze – vicolo che separa il Palazzo della Signoria dal Museo degli Uffizi (vedi orari fondo pagina) – Michelangelo fu, come spesso accadeva, fermato dal solito tizio. Preso dalla disperazione per i suoi fallimenti e per i denari che doveva al sommo artista, questo strano personaggio, annoiava Michelangelo con la solita lunga tiritera. Dopo l’ennesimo racconto, in preda alla noia e alla smania, Michelangelo scalpellino e martello alla mano, iniziò a scolpire su di una pietra di Palazzo Vecchio il volto, di profilo, del suo scocciatore.
La seconda versione vuole invece che il soggetto ritratto da Michelangelo sia un condannato alla gogna. La particolarità, che ancora una volta mette in luce lo strano carattere e ancor di più le straordinarie doti dello scultore, è che si dice abbia portato a termine l’opera di spalle, senza mai distogliere lo sguardo dal condannato e senza mai osservare quello che stava scolpendo.
Quale delle due versioni sia la più veritiera è affar di poco conto. Quello che ci importa sottolineare è la straordinarietà di questo artista e della Città di Firenze, che insieme danno vita a miti e leggende immortali.
Il “volto nascosto” si trova dietro alla statua del Baccio Bandinelli che raffigura “Ercole e Caco” e di fianco ad una copia di un’altra scultura eccezionale di Michelangelo, IL DAVID, posizionate ai lati dell’ingresso frontale di Palazzo Vecchio. L’originale del David si trova presso la Galleria dell’Accademia (vedi info orari fondo pagina) ma in origine era posto proprio dove si trova oggi la copia.
l soggetto rappresentato in questa statua è sicuramente radicato nella tradizione figurativa fiorentina. Considerata un vero e proprio capolavoro della scultura rinascimentale, la singolarità, rispetto alle precedenti raffigurazioni, sta nel momento rappresentato. L’artista non rappresenta l’azione, ma il suo movente morale, la tensione interiore che precede lo scatto del gesto. I muscoli sono ben evidenziati ma ancora a riposo. Lo sguardo accigliato evidenzia la concentrazione subito prima del duello.
A causa del blocco di marmo non di ottima qualità, e con la parte sinistra più debole perché caratterizzata da venature e taroli, l’artista posiziona il David con tutto il peso sulla gamba destra, rafforzata dalla presenza di un tronchetto d’albero. La posa è quella tipica del “contrapposto”, derivata dal canone di Policleto, ovvero il raggiungimento nel mondo greco della perfetta armonia tra movimento e proporzioni anatomiche.
L’unico scostamento dalla perfezione nelle proporzioni è la scelta di ingrandire leggermente la testa e le mani del David per enfatizzare il momento e il soggetto rappresentato. L’armonia non va perduta se si osserva la statua, di oltre 5 mt di altezza, dal basso verso l’alto.
Indirizzi ed Orari
Palazzo del Bargello
Indirizzo: Via del Proconsolo, 4, 50122 Firenze
Tel. 055 238 8606
ORARI
Lunedì – Domenica
ore 8.15 – 13.50
Chiusura: 1°, 3°, 5° domenica, 2° e 4° lunedì di ogni mese; 1° gennaio, 1° maggio, 25 dicembre.
La biglietteria chiude alle 13.20
Le operazioni di chiusura iniziano alle 13.40
PRENOTAZIONI PER LA VISITA: Firenze Musei, Tel: 055 294883
Palazzo Vecchio
Indirizzo Piazza della Signoria, 50122, Firenze
Tel. +39 055 276 8325
ORARI
1 aprile – 30 settembre
Tutti i giorni escluso il giovedì: 9-24 Il Giovedì: 9-14
TORRE DI ARNOLFO – Palazzo Vecchio
(accesso non consentito ai minori di 6 anni)
1 aprile – 30 settembre
Tutti i giorni escluso il Giovedì: 9-21 Il Giovedì: 9-14
1 ottobre – 31 marzo
Tutti i giorni escluso il Giovedì: 10-17 Il Giovedì: 10-14
L’accesso alla Torre è sospeso in caso di pioggia
La biglietteria chiude un’ora prima del museo
25 dicembre: Chiuso Museo e Torre
CASA BUONARROTI
Via Ghibellina 70 50122 Firenze
Tel. +39 055-241752
Fax +39 055-241698
e-mail: fond@casabuonarroti.it
Orario di apertura del Museo 10,00 – 17,00
Chiuso il martedì e nelle seguenti festività:
1° gennaio, domenica di Pasqua, 15 agosto,
25 dicembre
GALLERIA DELL’ACCADEMIA
Via Ricasoli 58-60, 50122 Firenze
Telefono: +39 055 2388612
Fax: +39 055 2388764
Email: galleriaaccademia@polomuseale.firenze.it
ORARI
Da martedì a domenica, ore 8,15-18,50
Chiusura: tutti i lunedì, Capodanno, 1° maggio, Natale
La biglietteria chiude alle 18.20
Le operazioni di chiusura iniziano alle 18.40
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