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Oinos – ViverediVino – 025

Oinos ViverediVino

 

Beatesca è il risultato di un progetto che prende vita nel 1991, quando Furio Fabbri e Benedetta Pasini, freschi di matrimonio e con una gran passione per i cavalli e la vita campestre, decidono d’acquistare il loro rifugio di campagna in quel di Montalcino. La piccola tenuta, in zona “Fornello”, comprende due poderini, il “Colombaio Giannelli” e “Le Piagge”, con 2,5 ettari di terreni alle pendici della collina ilcinese in un terroir da sempre vocato alla coltivazione della vite, infatti qui trovarono una vecchia vigna di sessant’anni, oltre a 300 olivi, alcuni gelsi e qualche albero da frutto. I primi anni, attraverso un lavoro portato avanti con curiosità, dedizione e passione, sono dedicati alla ristrutturazione del piccolo vigneto, che in quel luogo esisteva da sempre, ma rischiava di scomparire, mantenendone l’equilibrio e rispettandone l’integrità.Intanto in Furio e Benedetta, frequentando il territorio, cresce l’amore per Montalcino e le sue tradizioni, così iniziano a sentir forte la voglia di contribuire alla valorizzazione dell’antico vitigno autoctono Sangiovese Grosso e del suo vino simbolo, il Brunello. L’azienda, una tra le più piccole della denominazione, insiste nel versante Nord-Est del “Continente Montalcino” coi vigneti – reimpiantati nel 2001, vista la vetustà delle piante – che guardano verso la cittadina di Pienza. In virtù della combinazione tra i particolari requisiti di giacitura, latitudine ed esposizione, le vigne sono molto soleggiate e ben illuminate, così da esaltare tutti i profumi più nobili ed eleganti che le uve di Sangiovese sono in grado d’esprimere. Non bisogna infatti scordarsi che, in seguito alle mutazioni climatiche degli ultimi anni, che hanno portato a diverse vendemmie calde e siccitose, questo areale, sicuramente il più fresco e ricco d’acque sotterranee, è quello che ha più beneficiato del cambio di situazione microclimatica. I suoli approfonditamente studiati dal professor Mario Pasini del Dipartimento di Geologia e Paleontologia dell’Università di Siena, nonché babbo di Benedetta – hanno una tessitura franco-argillosa e sono ricchi di scheletro con le vigne, disposte su terrazzamenti retti da arcaici muretti a secco, allevate a cordone speronato per una densità d’impianto elevata e una produzione unitaria di circa 1kg a pianta.

Benedetta Pasini e Furio Fabbri

“Un progetto così particolare meritava un brand altrettanto distintivo– racconta l’elegante Benedetta Pasini Fabbri – infatti Beatesca deriva dalla fusione dei nomi, di dantesca memoria, delle nostre figlie. Ma non solo… Beatrice, nome d’origine latina, significa ‘colei che dà beatitudine’, mentre Francesca è un nome che, seppur ampiamente diffuso in Italia già alla fine del Trecento, è d’origine tedesca (Frankish) e rappresenta un forte segno di appartenenza, quello dei Franchi al popolo germanico. Beatesca quindi è un atto d’amore verso le nostre figlie, ma anche la sintesi di ciò che crediamo sia il vino: un atto d’amore legato al senso d’appartenenza alle proprie tradizioni e al luogo antico dal quale nasce questo rosso poetico che, in fondo, regala beatitudine”. Ma, oltre alla generosità del territorio e alla passione dei titolari, importante è anche il lavoro dell’enologo Roberto Cipresso e dell’agronomo Oriano Scheggi, che insieme hanno impostato una viticoltura virtuosa, nel segno dell’ecosostenibilità e il più vicino possibile a zero impatto ambientale. La gestione agronomica può esser definita a conduzione integrata, facendo uso, in funzione delle diverse circostanze, degli interventi e accorgimenti che s’ispirano alle varie filosofie di lavoro esistenti in agricoltura, in funzione dei problemi e delle scelte da affrontare che si presentano effettivamente di volta in volta. Il fine che si persegue è il massimo rispetto possibile dell’equilibrio dell’agroecosistema, nonchè il miglior risultato che possa esser ottenuto in senso vegeto-produttivo nelle diverse annate. In particolare il controllo delle piante infestanti avviene attraverso lavorazioni mirate dei suoli e la pratica del diserbo non viene attuata. Gli interventi meccanici sui terreni e le concimazioni vengono calibrati allo scopo di salvaguardare il più possibile il corretto stato strutturale del terreno, preservarne la fertilità e incrementarne il tenore in sostanza organica. Le azioni sulla vegetazione e sul frutto – potature, selezione dei germogli, sfeminellature, diradamenti – sono anch’esse definite nelle singole vendemmie relativamente sia alle epoche che all’intensità d’intervento col fine di garantire il corretto sviluppo della pianta, l’equilibro vegeto produttivo e infine quello tra i diversi costituenti dell’acino. In cantina lo stile di vinificazione non prevede forzature ed è in linea coi protocolli tradizionali del Brunello: la fermentazione avviene in acciaio e tini troncoconici di legno, l’affinamento ha luogo in tonneaux di rovere francese da 5 ettolitri e la messa in bottiglia non à preceduta da alcuna filtrazione, così da mantenere il più possibile intatte struttura ed espressioni autentiche della frutta. I rossi di Beatesca hanno non solo un solido impianto verticale garantito da buona acidità ed elevata dotazione in sali minerali, ma anche una bella morbidezza palatale, netta pulizia e affascinante suadenza espressiva. Partendo già dal Rosso di Montalcino, che finalmente negli ultimi anni può contare su una ritrovata consapevolezza fra i produttori ilcinesi nei confronti di questa doc istituita nel 1984 e oggi sempre più appetibile per l’eccezionale rapporto qualità/prezzo. Quello di Beatesca è affinato per un anno in Tonneaux, di cui 6 mesi in quelli di primo passaggio e altri 6 mesi in quelli di secondo passaggio e un ulteriore anno di vetro: d’assoluta eccellenza, alla visiva è granato trasparente, al naso dona un profilo aromatico intenso ma allo stesso tempo articolato e profondo connote di visciole, frutta a bacca nera, sottobosco, terra umida, china e rabarbaro, mentre la bocca mostra freschezza e allungo, dettati da una buonissima vena acida e un tannino saporito. Il solare e balsamico Brunello – il primo millesimo rilasciato sui mercati è stato il 2005– affina per 2 anni in Tonneux (un anno di primo passaggio e gli altri 12 mesi di secondo passaggio) e 2 anni in bottiglia. D’elegante austerità, promette gran longevità con un fil rouge fra le diverse annate che conduce sicuro verso una forte identità territoriale. Color rubino granato compatto, profondo, denso e concentrato, al naso esprime una bella maturità della frutta con note di spezie dolci e piccoli frutti di bosco, ciliegia, mora, prugna, infine tabacco e grafite. Al palato è mentolato, conservando il gusto di frutta matura, liquirizia, tracce erbacee, tannini dalla fitta trama, buona sostanza e corpo pieno per un finale persistente e succoso.

La produzione comprende anche un vino d’ingresso, l’Igt “Ilex”, che rimane nella tradizione essendo un Sangiovese in purezza, ma nella versione pronta beva, uscendo a distanza di solo un anno e mezzo dalla vendemmia e la delicata grappa, dalla distillazione delle vinacce di Brunello da parte del Maestro Vittorio Capovilla di Vicenza. “Mi sono diplomato perito agrario all’Istituto Agrario delle Cascine perché fin da bambino avevo deciso che avrei fatto il contadino o il prete – ci racconta il fiorentino Furio Fabbri – alla fine nella vita invece mi sono occupato con gran soddisfazione di società nel settore ambientale con sedi in Italia, Spagna e Francia. Ma, corsi e ricorsi, penso che davvero finirò lamia carriera come contadino vignaiolo a Montalcino, un terroir che mi ricorda alcune zone della Francia”. Benedetta Pasini, anche lei fiorentina, ma data la sua lunga frequentazione di queste terre ed avendo vissuto e studiato a Siena, oltre al fatto che i genitori hanno avuto per decenni una casa a San Giovanni d’Asso, è da considerarsi in parte senese: “Quando ci siamo sposati siamo andati controcorrente rispetto alle altre coppie: tutte compravano casa a Firenze, noi decidemmo di prendere questo piccolo podere nella mia campagna del cuore.

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