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Il mito del Dio Giano, protettore dell’uva, negli Arazzi di Cosimo I e la vita di Giuseppe ebreo, patriarca biblico

Destinati ad adornare le pareti del Salone dé Dugento di Palazzo Vecchio per volere di Cosimo I de’ Medici, questo ciclo di arazzi rappresenta una delle più alte espressioni di artigianato rinascimentale. I disegni preparatori vennero commissionati tra il 1545 e il 1553 a due dei maggiori artisti fiorentini: il Pontormo e il suo allievo Cosimo di Mariano, detto il BronzinoIl tema affrontato sono le storie di Giuseppe Ebreo, patriarca biblico, raccontate in venti panni monumentali. Cosimo I de’ Medici nutriva una particolare predilezione per la figura di Giuseppe, nelle cui fortune vedeva rispecchiate le alterne vicende dinastiche della casata dei Medici: scacciati come nemici da quella Firenze di cui erano stati per lungo tempo Signori, vi ritornano come sovrani, governando il nascente Ducato poi Granducato di Toscana.

13- La coppa di Giuseppe ritrovata nel sacco di Beniamino (Bronzino)

Dopo questo primo sotto testo allegorico ce ne è un altro racchiuso nelle bordure. Infatti le bordure sono caratterizzate da allusioni alla fondazione del mitico Regno Toscano ad opera di Noè, dopo il Diluvio Universale, da cui deriverebbe anche l’origine della lingua toscana derivante tramite l’etrusco dall’aramaico e dall’ebraico e non dal latino. I riferimenti diretti al mito di Noè vengono visti nella raffigurazione di Giano, divinità che si identifica con Noè in quanto scopritore del vino e custode della pianta della vite o nella rappresentazione di una testa di capro che vuole essere la rappresentazione astrologica di Saturno. Figura che ancora una volta viene associata a Noè. Il Dio Giano è solitamente raffigurato con due volti (Giano Bifronte) perché il Dio può guardare contemporaneamente futuro e passato, ma essendo anche il Dio della Porta (Ianua) può guardare anche sia all’interno che all’esterno. Il suo culto, probabilmente antichissimo, risale ad una epoca arcaica in cui i popoli italici erano legato ai cicli naturali della raccolta e della semina, custode di ogni forma di passaggio e mutamento. Nella riforma del calendario romano Numa Pompilio dedicò a Giano il primo mese successivo al solstizio di inverno, Gennaio, che con la riforma giuliana del 46 a.C. passò ad essere il primo dell’anno.

14- Giuseppe trattiene Beniamino

Le venti tele raccontano la storia di Giuseppe figlio di Giacobbe odiato dai fratelli perché prediletto dal padre. Giuseppe tradito e venduto come schiavo dai fratelli, fatto prigioniero in Egitto, riesce comunque grazie alle sue doti intellettuali a fuggire alle avversità, perseguire una brillante carriera politica e a raggiungere posizioni di potere. Abile parlatore, consigliere e interprete dei sogni del Faraone mette in salvo l’intera popolazione dalla carestia e infine darà prova di clemenza e magnanimità, perdonando fratelli che lo avevano tradito. L’impianto narrativo dei bellissimi arazzi sembra riprendere la narrazione esposta negli splendidi mosaici della cupola del Battistero di san Giovanni a Firenze, dove la vita del patriarca biblico viene rappresentata.

Su una fascia superiore sono raffigurate le gerarchie angeliche (2 nello schema) Su tre degli spicchi (1 nello schema) è raffigurato il Giudizio Universale, dominato dalla grande figura del Cristo: sotto i suoi piedi avviene la resurrezione dei morti, alla sua destra i giusti sono accolti in cielo dai patriarchi biblici, mentre alla sua sinistra si trova l’inferno con i suoi diavoli. Gli altri cinque spicchi sono suddivisi in altri quattro registri orizzontali, dove sono raffigurate a partire dall’alto: storie della Genesi (3), storie di Giuseppe (4), storie di Maria e di Cristo (5) e storie di San Giovanni Battista (6).

15- Giuseppe si fa riconoscere dai fratelli e congeda gli Egiziani (Bronzino)

Nello stesso mosaico inoltre Giuseppe ebreo patriarca è rappresentato tra coloro che accolgono in cielo i giusti, alla destra della grande figura del Cristo.

Questi monumentali arazzi, alti quasi 6 metri per circa 4,5 metri di larghezza (poco più piccoli quelli che erano posti vicino le porte) sono stati tessuti alla metà del XVI secolo, nella manifattura granducale voluta da Cosimo de’ Medici, tra le prime istituite in Italia, e furono realizzati dai maestri arazzieri fiamminghi Jan Rost e Nicolas Karcher sui cartoni forniti dal Bronzino (ben 16 disegni), dal Pontormo (3 disegni) e da Salviati (1 disegno).

Per più di un secolo, come era il volere di Cosimo de Medici, rimasero esposti nel Salone de’ Dugento, ma durante il Regno dei Savoia, nel 1882 la collezione fu divisa. Dieci dei venti arazzi furono portati a Roma per abbellire le stanze del Palazzo del Quirinale.

Da allora la collezione è rimasta divisa
Solo quest’anno
in coincidenza del semestre dell’Esposizione Universale, per volere della Presidenza della Repubblica e del Comune di Firenze, con la collaborazione del Ministero dei Beni e delle Attività culturali, la collezione si riunifica in una straordinaria mostra itinerante. La Collezione è già stata ammirata da milioni di visitatori internazionali nelle città di Roma e Milano.

Dal 16 Settembre scorso tutti e venti gli arazzi sono nuovamente esposti all’interno del Salone de’ Dugento, fino a al 15 Febbraio 2016.

Ognuna di queste opere di fine artigianato rinascimentale è stata restaurata dalle sapienti mani degli artisti del Laboratorio dell’Opificio delle Pietre Dure.

Il Laboratorio di restauro degli arazzi si trova all’interno di Palazzo Vecchio, all’altezza del camminamento di ronda. E’ stato spostato lì proprio in concomitanza dell’inizio del restauro degli Arazzi del Salone de’ Dugento, per evitare che questi ultimi venissero trasportati e ulteriormente danneggiati. Fu deciso perciò di attrezzare la grande Sala delle Bandiere, con tutte le attrezzature necessario ad un operazione così delicata. Il laboratorio fu inaugurato nel 1986.

18 – Il Faraone accetta Giacobbe nel regno (Bronzino)

La filosofia che ha accompagnato i lavori fu quella di utilizzare una metodologia integrativa, ovvero ripristinare le trame e in alcuni casi gli orditi, per restituire sia la continuità visiva del disegno, ma anche una più solida struttura al panno. In alcuni casi non è stato possibile però adottare questo sistema, perché il tessuto era troppo danneggiato. Laddove perciò non si poteva operare al ripristino, i maestri restauratori hanno optato per una scelta conservativa, inserendo un supporto sul retro a sostegno delle fragili tessiture.

19 – Giacobbe benedice i figli di Giuseppe (Bronzino)

20- Sepoltura di Giacobbe (Bronzino)

 

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